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La donna che canta

di Denis Villeneuve Québec, 2010

Canada - giorni nostri - quando il notaio Jean Lebel (Remy Girard) legge loro le ultime volontà della madre appena scomparsa, Jeanne (Melissa Desormeux-Poulin) e Simon Marwan (Maximme Gaudette) rimangono sconvolti ed esterefatti nel constatare le sue ultime richieste: prima di ricevere una degna sepoltura, Nawal (Lubna Azabal) chiede che i figli si rechino in Libano per rintracciare un padre che credevano morto e un fratello di cui non conoscevano l'esistenza. Mentre Simon inizialmente si rifiuta, Jeanne - brillante matematica e ricercatrice universitaria - decide di compiere questo viaggio che dovrà portarla nelle terre d'origine della madre e soprattutto che la porterà a scavare tra un oscuro quanto terribile passato. Un viaggio a ritroso nel tempo che attraversa gli anni nefasti della guerra civile libanese che hanno indelebilmente segnato l'esistenza di Nawal e indirettamente anche quella di Jeanne e Simon stessi, che non potranno scappare ancora a lungo di fronte alla verità.

Tratto dal dramma teatrale di Wajdi Mouawad, Incendies, questo straordinario film drammatico diretto dal regista canadese Denis Villeneuve, ha ottenuto molteplici riconoscimenti oltre a una candidatura agli Oscar 2011 come miglior film straniero.

La donna che canta è un film costruito su una sceneggiatura complessa e ben strutturata che si sviluppa lungo un doppio binario temporale, nel quale assistiamo - in entrambi i casi - ad un viaggio, una ricerca: la ricerca della verità. Mentre seguiamo la giovane Jeanne ripercorrere i luoghi dove la madre è nata e cresciuta, indagare sulle tappe che ne hanno caratterizzato quella parte di vita a lei sconosciuta e che dovranno portarla a ritrovare il padre e il fratello, il regista Villeneuve ci riporta contemporaneamente nel Libano degli anni '70. Quel Libano dove scoppiò una terribile guerra civile in cui i cristiani maroniti e i musulmani filo-palestinesi si trucidarono a vicenda, e in cui la giovane e bella Nawal - cristiana per nascita - errava alla ricerca di un figlio da cui era stata separata a forza, essendo il frutto di un amore con un non cristiano.

La donna che canta è un film crudo e dalle sequenze estremamente violente ma che racconta in modo schietto e senza filtri le atrocità commesse da entrambe le parti in quei terribili anni dove l'arido territorio libanese divenne teatro di una guerra che andava ben oltre i confini di quello Stato. Una guerra che coinvolse tutto il Medio-Oriente e che di fatto fu l'estensione del conflitto arabo-israeliano, una guerra fatta di violenze contro i civili, che non risparmiavano donne e bambini, i quali - se non cadevano sotto i colpi dei kalashnikov - vedevano segnate per sempre le loro vite. Straordinaria la protagonista Lubna Azabal, che interpreta una donna incredibilmente forte e coraggiosa, che lotta e crede nella pace e nella convivenza possibile, che cede all'odio per poi riprendere la strada del perdono e dell'amore. 

Un film che non vuole assumere posizioni di parte, esprimere giudizi politici, non intende eleggere martiri o carnefici tra cristiani e musulmani, gli unici martiri sono quelle donne e quei bambini, che loro malgrado si trovano vittime di quell'assurda tragedia. Il finale sconvolgente del film, l'atroce verità a cui vanno incontro i giovani protagonisti, è in realtà una straordinaria testimonianza d'amore, estrema, assoluta, di una donna che nonostante abbia vissuto ciò che di peggio possa capitare, non cede all'odio, non lascia campo al rancore ma solo all'amore -  che può nascere anche dalla cose più terribili.

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