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Lorenzo Perrone

il muratore che salvò Primo Levi

Lorenzo Perrone

Lorenzo Perrone

Primo Levi, chimico ebreo e futuro scrittore, deportato ad Auschwitz all’inizio del 1944, un giorno d’estate sta lavorando duramente per costruire un muro, quando sente parlare con accento del suo Piemonte.


Scopre che si tratta di lavoratori civili italiani mandati a Monowitz dalla ditta Boetti per realizzare lavori di muratura. Levi riesce ad avvicinare uno di loro, Lorenzo Perrone, e a metterlo al corrente della terribile condizione dei deportati. Da quel momento fino al dicembre 1944, il muratore ruberà del cibo dalla cucina per sfamarlo, gli procurerà una maglia per riscaldarsi e terrà la corrispondenza con la sua famiglia; tutto questo senza chiedere nulla in cambio, per puro altruismo. Tramite Perrone, addirittura, la madre Anna Maria e la sorella Ester, che vivono nascoste, riescono a recapitare a Levi dall’Italia un pacco contenente cioccolato, biscotti, latte in polvere e abiti.


Primo Levi scrive ne I sommersi e i salvati: “Per quanto di senso può avere il voler precisare le cause per cui proprio la mia vita, fra migliaia di altre equivalenti, ha potuto reggere alla prova, io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura (…) per cui tuttavia metteva conto di conservarsi (…). La sua umanità era pura e incontaminata (…). Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo”.


Dopo la fine della guerra, tornato a Torino, Levi prende contatto con Perrone e lo va a trovare a Fossano. In seguito provvede al suo ricovero per curare la tubercolosi che gli sarà fatale e dà il nome Lorenzo ai propri figli in suo onore.


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12 dicembre 2011

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